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Mappa dei rischi 2023 di SACE: lo scenario delinea un quadro sempre più fluido e incerto
Debolezza del ciclo economico, incertezza geopolitica, allerta climatica ed energetica: il quadro dei rischi globali nel 2023 segnala uno stato di fragilità che rallenta l’attività economica globale e il commercio internazionale. È questo lo scenario che emerge dalla Mappa dei Rischi 2023 di SACE, presentata nell’evento streaming dal titolo significativo “Stabile Fragilità. Le vie di crescita sostenibile”. La Mappa dei Rischi di SACE è considerata ormai una bussola fondamentale per le imprese che esportano e che sono chiamate, oggi più che mai, a fronteggiare le nuove sfide poste dall'attuale contesto politico-economico.

 

Il mappamondo interattivo di SACE

Il mappamondo interattivo online di SACE delinea i profili di rischio per le imprese che esportano e investono in 194 mercati esteri. Il set di indicatori utilizzato dagli analisti valuta il rischio di credito, il rischio politico e gli aspetti di sostenibilità come il cambiamento climatico e la transizione energetica.

Lo studio mostra un quadro sempre più fluido e incerto, in cui i rischi di credito restano stabili ma non recuperano il terreno perso dopo tre anni di shock avversi, i rischi politici si fanno più intensi e gli eventi climatici rivelano impatti dirompenti. In questo contesto di “stabile fragilità”, gli elementi strategici su cui investire per rafforzare la resilienza e garantire una crescita duratura sono la transizione energetica, la sostenibilità e la diversificazione dei mercati.

 

Scenario: fonti di rischio e ciclo economico

Negli ultimi tre anni il contesto mondiale è stato caratterizzato da tre shock di portata straordinaria: l'emergenza pandemica, l'invasione russa dell’Ucraina con conseguente crisi energetica e alimentare, il ritorno dell’inflazione sostenuta e la fine delle politiche monetarie ultra-espansive. Senza dimenticare i sempre più frequenti eventi naturali estremi legati al cambiamento climatico.

In questo scenario l’inflazione mondiale è stimata in calo attorno al 5% per il 2023 e la crescita del PIL mondiale è attesa in calo all’1,3% secondo le stime di Oxford Economics.

A risentirne maggiormente saranno i volumi degli scambi internazionali di beni e di servizi: sui primi pesa la debolezza della domanda e un rallentamento fisiologico dopo le performance molto positive dello scorso biennio; i secondi continueranno a beneficiare della ripresa dei flussi turistici e delle attività legate ai viaggi e al canale dell’ospitalità.

 

I trend per aree geografiche: rischio di credito

L’analisi assegna a ogni Paese, per ciascun indicatore, un punteggio da 0 a 100 (0 rischio minimo, 100 rischio massimo).
Il Rischio del credito indica la probabilità che la controparte estera (sovrana, bancaria o corporate) non sia in grado di soddisfare gli oneri dei contratti commerciali o finanziari. Dei 194 Paesi analizzati, in 57 diminuisce il livello di rischio, 72 Paesi restano stabili, mentre in 65 aumenta.

Le principali geografie avanzate presentano un profilo creditizio invariato con Germania e Francia stabili, rispettivamente 18 e 23. Bene Portogallo e Grecia (rispettivamente a 42 e 66).

In Medio Oriente, i Paesi produttori di commodity dell’energia hanno registrato un immediato beneficio dall’aumento dei prezzi, con ricadute positive sulle finanze pubbliche, come Arabia Saudita (32), Emirati Arabi Uniti (36) ed Oman (62).

In Africa, aumentano gli score in Ghana (88), Etiopia (93) e Kenya (81). Malgrado le esportazioni energetiche l’Egitto (83) vede peggiorare il proprio score a causa dell’impatto della guerra sull’approvvigionamento di materie prime agricole, così come Nigeria (85) e Sudafrica (67). In Tunisia (92) si registra un peggioramento della situazione economica in tutti i comparti.

In Europa emergente e CSI il rischio di credito risente della pesante escalation della crisi russo-ucraina. In difficoltà la Romania (58) gravata da un più costoso import energetico.

In Turchia (84) il ripetuto taglio dei tassi di interesse e l’inflazione sopra l’80% hanno causato una perdita di fiducia da parte degli investitori internazionali con conseguente downgrade da parte di tutte le agenzie di rating.

In Asia, il progressivo consolidamento fiscale e una robusta crescita economica posizionano l’India (60) tra i best performer dei principali mercati globali, garantendole un miglioramento. Migliorano anche Vietnam (67), Taiwan (23), Malesia (35) e Indonesia (54). Restano fragili lo Sri Lanka (98),  il Pakistan (90) e il Bangladesh (82). Infine i rischi bancari e corporate sono in aumento in Paesi come Thailandia (60) e Cina (50) caratterizzati da un elevato livello di debito privato. Corea del Sud (21) e Filippine (50) beneficiando di ampie risorse pubbliche hanno saputo affrontare le sfide causate dal protrarsi della guerra in Ucraina.

In America Latina proseguono con una buona performance di crescita Brasile (55) e Messico (44). Anche l’Argentina (81) nonostante un quadro politico ed economico ancora incerto, vede un miglioramento della propria dinamica debitoria.

 

I trend per aree geografiche: rischio politico

Gli indicatori di rischio politico (guerra, disordini civili e violenza politica, esproprio ,violazioni contrattuali, restrizioni al trasferimento e alla convertibilità valutari) fotografano un peggioramento. Dei 194 Paesi analizzati, 35 migliorano, 71 sono stabili e 88 peggiorano.

Nell’Europa emergente e CSI, il conflitto ha aumentato il rischio in Russia, Bielorussia (entrambe a 97), nell’Est d’Europa e nella regione del CSI e ha contribuito a riacutizzare anche tutte quelle tensioni già presenti in Kosovo (71), Serbia (50), Moldavia (64), Bosnia (66), Azerbaijan (59) e Armenia (65).

In Africa, si vedono gli effetti della mancanza di materie prime alimentari e delle proteste sociali come in Tunisia, Egitto e Nigeria (dove aumentano gli score rispettivamente a 76, 71 e 84). In altri Paesi il peggioramento è legato a conflitti già presenti sul territorio. È il caso di molti Paesi dell’Africa Subsahariana dove negli ultimi due anni si è assistito a diversi colpi di stato come in Ciad (81), Guinea (85), Mali (85) e Burkina Faso (77) e a continui scontri tra governo e ribelli come in Etiopia (90) o tra Repubblica Democratica del Congo (86) e Rwanda (52). In peggioramento anche il Sudafrica (53). Migliora solo l’Algeria (61) che ha incrementato le proprie entrate in valuta in seguito alla ridefinizione delle forniture energetiche globali.

Migliorano le economie del Golfo, quindi EAU (21), Arabia Saudita (41) e Oman (44).

In America Latina si fanno sentire le disuguaglianze sociali e territoriali: in Colombia (50) e in Brasile (50) con le recenti contestazioni elettorali, e in Perù (47) scosso da episodi di violenza politica sempre più ricorrenti e intensi.

Diversamente in Asia il quadro rimane relativamente più stabile, ma non vanno trascurate le perduranti e crescenti tensioni tra Cina (41) e Taiwan (20). Nello Sri Lanka (74) permangono le proteste originate da una crisi che ha reso insostenibili le condizioni di vita per la popolazione.

 

I trend per aree geografiche: rischio di cambiamento climatico

In questo scenario economico e politico, il rischio di cambiamento climatico segna nuovi peggioramenti, seppure con alcune differenze geografiche.

Il set di indicatori dell'indagine SACE, insieme a Fondazione Enel, comprende un indicatore di rischio di cambiamento climatico che monitora le principali componenti (temperatura, fragilità idrogeologica e vento) a cui si aggiungono due campi di analisi: il benessere sociale (demografia, uguaglianza, livello di salute, istruzione e lavoro) e la transizione energetica, che misura lo stato di avanzamento della riconversione verso un nuovo mix energetico.

Gli indicatori di transizione energetica, mostrano un parziale miglioramento trainato dalle rinnovabili. Europa, America Latina e Asia, trainata dalla Cina, si confermano le aree di maggiore crescita nelle rinnovabili. In avanzamento anche l’America Settentrionale grazie ai progressi registrati da Stati Uniti e Canada. Il Brasile si conferma a ridosso dei Paesi più virtuosi su scala globale grazie anche al sostanziale contributo dell’idroelettrico e all’espansione del solare.

Gli indicatori di rischio climatico presentano un peggioramento nell’ultimo anno, seppure con alcune differenze dal punto di vista geografico.

L’Asia è la più esposta al rischio di fenomeni naturali avversi a causa di temperature in aumento due volte più rapidamente rispetto alla media globale. India (94) e Bangladesh (96) sono le geografie con il più alto indice di rischio climatico dell’area e colpite da eventi ricorrenti e di forte entità in termini di perdite umane ed economiche. Così come il Pakistan (78), esposto ad alluvioni e le Maldive (83), la cui struttura insulare è minacciata. Fenomeni di estrema siccità hanno interessato la Cina (99) nei mesi estivi del 2022 danneggiando la produzione agricola e causando anche una crisi energetica nel Paese, con ripercussioni negative sulla produzione industriale.

Anche l’Africa Subsahariana riporta un notevole aumento degli indicatori di rischio climatico, con dinamiche differenti. Eventi alluvionali hanno colpito il Sudafrica (84), la Nigeria (82), Burkina Faso (80), Camerun (38), Ciad (83), Mali (77), Niger (97), causando 1,3 milioni di sfollati. Al contrario, in Etiopia (86), Kenya (96), Somalia (86) e Tanzania (77) la siccità si protrae dal 2020 e gli score sono in aumento. Eventi climatici estremi mettono inoltre a repentaglio la sicurezza energetica, come in Repubblica Democratica del Congo (76), Etiopia, Uganda (69), Zambia (93) e Mozambico, che producono oltre tre quarti della propria energia tramite idroelettrico.

In Africa, la siccità è il principale fattore di rischio climatico in particolare Egitto (32), Tunisia (32) e Marocco (37).

In America Latina si registra un livello non particolarmente elevato di rischio. Honduras (84), Guatemala (81), Nicaragua (70), Costa Rica (67) ed El Salvador (66) fanno parte di una lunga fascia territoriale colpita da siccità ricorrenti e prolungate, a volte interrotte da fenomeni piovosi estremi.

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